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TCBO: Il turco in Italia

Il secondo titolo d’opera della stagione 2017 del Teatro Comunale di Bologna è Il turco in Italia di Gioachino Rossini nella produzione del Rossini Opera Festival (dov’è stato rappresentato nell’agosto 2016) in collaborazione con il Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia e la regia di Davide Livermore, autore anche delle scene; i costumi sono di Gianluca Falaschi, il progetto luci di Nicolas Bovey, Videodesign D-WOK, assistente alla regia Alessandra Premoli, assistente ai costumi Gianmaria Sposito. Lo spettacolo, che debutta il 10 marzo, vede sul podio dell’Orchestra del Comunale l’americano Christopher Franklin, che a Bologna aveva già diretto con successo nel 2008 l’opera di Michael Daugherty Jackie O e nel 2009 lo spettacolo di Stephen Sondheim Sweeney Todd. Il coro del Teatro felsineo è preparato da Andrea Faidutti. Interpreti cantanti rossiniani come Simone Alberghini (Selim), Hasmik Torosyan (Donna Fiorilla), Nicola Alaimo (Don Geronio) – presente in tutte le recite tranne l’ultima, il 18 marzo, in cui ad interpretare lo stesso ruolo è Marco Bussi, Maxim Mironov (Don Narciso), Alfonso Antoniozzi (Prosdocimo), Aya Wakizono (Zaida) e Alessandro Luciano (Albazar).

Uno dei lavori più significativi della comicità teatrale di Rossini, che aveva debuttato alla Scala nel 1814, riscoperto nel Novecento soltanto negli anni Cinquanta grazie a Gianandrea Gavazzeni, si trasforma in questo recentissimo allestimento affidato all’estro visionario di Davide Livermore che immagina l’intricata vicenda amorosa di Selim, Fiorilla, Geronio e Zaida in un’ambientazione tipicamente felliniana: il poeta Prosdocimo rivive così nei panni di Marcello Mastroianni, Fiorilla in quelli di Claudia Cardinale con abito a pois, foulard e Vespa, mentre Selim è il classico playboy dello Sceicco bianco. “Come accade in a Guido Anselmi/Mastroianni” spiega Livermore “anche nel Turco Prosdocimo è sempre alla ricerca della sua storia. Era una similitudine così accattivante che abbiamo voluto percorrerla sino in fondo. Mi divertiva creare una sorta di dittico cinematografico-musicale; e in fondo, poi, Rossini e Fellini sono figli della stessa terra”.

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Edoardo